a cura di Barbara Anselmi, Riccardo Ferrari e Giovanni Mastrandrea
La vicenda dei pini di Murlo, ben illustrata da Luciano Scali in prima pagina, ci ha dato l’idea per questo articolo, sperando che, al di là delle polemiche che ci sono state, quanto è accaduto serva a imparare qualcosa e saper agire meglio in futuro.
La cura degli alberi in ambiente urbano è una disciplina che negli ultimi anni ha visto una notevole crescita e innovazione, sia dal punto di vista teorico che pratico. Per capirci qualcosa di più abbiamo scelto di parlarne con due professionisti del settore, il dottore forestale Giovanni Mastrandrea, professionista specializzato in arboricoltura urbana, e il treeclimber Riccardo Ferrari, che opera in Toscana come arboricoltore “particolare”, in quanto gran parte del suo lavoro si svolge a diretto contatto con la chioma degli alberi, grazie ad una attrezzatura di corde e imbracatura che ricorda un po’ quella degli alpinisti. Ai due abbiamo fatto alcune domande.
Come si cura un albero in ambiente urbano?
Gli alberi nei centri urbani svolgono un ruolo fondamentale per tutta la collettività: oltre all’indubbia funzione estetica, aiutano a mitigare gli inquinanti e i rumori, creano un microclima migliore e portano un frammento di natura fra il cemento. In città però l’albero non ha sempre modo di svilupparsi in modo completamente autonomo e naturale perché è condizionato da strutture e infrastrutture, cosicché si possono creare situazioni in cui l’albero, se non correttamente gestito, può diventare un pericolo per cose o persone.
Una corretta gestione e cura dell’albero in città parte dall’inizio, e cioè dalla messa a dimora della pianta. Negli ultimi anni, con l’urbanizzazione crescente, il verde urbano è stato visto solo come un elemento architettonico qualsiasi, al pari di un lampione, ignorandone la biologia. Bisogna invece valutare bene la specie da scegliere in base al tipo di suolo, al microclima, allo sviluppo che avrà la pianta a maturità raggiunta e quindi alle interferenze che potrà avere con gli edifici e le infrastrutture circostanti. E’ inutile infatti piantare un albero che arriva a 20-30 metri di altezza a ridosso di un edificio, perché vuol dire condannarlo a ripetute e drastiche potature di contenimento, sfigurandone così il portamento. In questi casi non è certo colpa dell’albero!
E’ importante anche fare una corretta scelta delle piante al vivaio: spesso vengono vendute piante fatte crescere male o potate precocemente, che hanno perso irrimediabilmente o quasi il loro portamento naturale e che per questo si porteranno sempre dietro dei problemi.
Dopo la messa a dimora, è importante seguire lo sviluppo della pianta con corrette innaffiature, protezione del tronco dagli urti delle auto nei parcheggi e con un corretto tutoraggio con sostegni, da togliere però al momento giusto: il tronco infatti deve essere ad un certo punto lasciato alle sollecitazioni del vento, che stimola la produzione di lignina e quindi la stabilizzazione.
Durante la crescita dell’albero e nella sua maturità, può essere talvolta necessario ricorrere a potature di indirizzo o di correzione, che però devono essere fatte da un arboricoltore esperto e usando tutte le cautele, perché l’albero nelle prime fasi di crescita è assai vulnerabile, proprio come un bambino piccolo, e un intervento sbagliato può comprometterne lo sviluppo futuro.
A proposito di potature, è necessaria la potatura, più o meno drastica, che vediamo spesso fare da chi gestisce il verde nelle nostre città?
La potatura fatta correttamente è quella che non si vede, quella cioè che mantiene il portamento e la forma naturali dell’albero. Le potature drastiche non sono altro che estremi rimedi a grossi problemi dell’albero, derivati spesso da mancate cure o potature sbagliate.
Uno degli interventi più sbagliati in assoluto è la capitozzatura che come dice il nome consiste nel tagliare tutta la chioma dell’albero all’altezza dei rami principali, inducendolo a riformare molti rami sottili e fragili. Questo metodo è rimasto come consuetudine dal passato, quando era molto utilizzato sui gelsi, per stimolare l’albero a produrre molta “frasca” per i bachi da seta allevati dai contadini. Oggi non c’è più questa esigenza e la capitozzatura produce solo danni alla pianta, diminuendone anche il valore estetico.
In altri casi, per paura che i rami troppo grossi di un albero si spezzino provocando danni, gli amministratori li fanno tagliare senza pensarci due volte, sciupando la bellezza della pianta; questo potrebbe essere evitato semplicemente facendo un “consolidamento”, una tecnica con la quale i rami vengono rinforzati con cavi in materiale tessile sintetico che non danneggiano la pianta e che nel caso il ramo in futuro si dovesse rompere, ne controlleranno la caduta. Oggi queste tecniche, come quelle di potatura mirata, sono ormai all’ordine del giorno e possono essere svolte con efficacia e precisione grazie alla tecnica del treeclimbing.
Cos’è il treeclimbing?
Il treeclimbing, parola inglese che significa “arrampicarsi sugli alberi”, è una nuova tecnica per fare arboricoltura che parte dal presupposto che l’operatore deve “entrare dentro all’albero” per poter raggiungere tutte le parti della pianta necessarie, cosa impossibile con altre tecniche. Il treeclimber usa tecniche di arrampicata e di intervento sugli alberi fondate su questi due principi: la tutela costante della propria sicurezza e di quella dei colleghi ed il pieno rispetto della pianta in ogni fase del lavoro. L’attrezzatura è specifica per gli alberi e consiste in imbracatura, casco, corda e connettori.
Ma, al di là dell’attrezzatura, il treeclimber è prima di tutto un arboricoltore, che tiene presenti le esigenze dell’albero e si pone come obbiettivo principale quello di conservarne un aspetto integro e dignitoso anche nelle operazioni più radicali di intervento, rispettando sempre la pianta. Ed è per questo che nel treeclimbing i ramponi vengono usati solo su alberi che devono essere abbattuti, perché secchi o pericolosi. Anche nel caso sia necessario abbattere un albero, il treeclimbing offre la possibilità di allestire vari sistemi per “smontare” in parti le branche dell’albero e calarle in modo controllato, così da operare in sicurezza anche dove vi siano beni immobili da tutelare.
Come si diventa treeclimber?
E’ necessario seguire corsi di formazione specifici in arboricoltura e in tecniche di treeclimbing. I corsi e l’attestato che viene conseguito assicurano che l’attrezzatura e i metodi rispettino le norme sulla sicurezza sul lavoro. Senza questo attestato nono si può operare sugli alberi. Oltre a questo è possibile acquisire certificazioni riconosciute a livello internazionale come quella della ISA (International Society of Arboriculture) e della EAC (European Arboricultural Council).
In ogni caso chi fa questo mestiere deve prima di tutto conoscere bene le tecniche dell’arboricoltura e la fisiologia degli alberi, vale a dire il loro funzionamento, per poter fare interventi efficaci e corretti in ogni situazione. Oggi anche l’Università permette di approfondire queste discipline con le specializzazioni in arboricoltura e, più recentemente, anche con un corso di laurea specifico in gestione e dell’ambiente urbano. Queste discipline hanno assunto molta importanza e si sono evolute tantissimo a partire dalle idee di Alex Shigo, il fondatore dell’arboricoltura moderna.e..autore del libro “ tocca gli alberi” e padre fondatore dell’arboricoltura moderna
Shigo sosteneva che gli alberi possono essere aiutati aiutando le persone, che lavorano su di essi, facendo loro programmi educazionali basati sulla ricerca sperimentale.
Come si valuta il pericolo di crollo di un albero o di un ramo?
Ci sono professionisti specializzati che lo fanno, seguendo procedimenti e protocolli specifici, e per la complessità del metodo non è una valutazione che può essere improvvisata o fatta “a occhio”.
La valutazione si fa in tre fasi successive:
analisi VTA (valutazione visiva dell’albero): osservando attentamente l’albero si cercano indizi di cedimento, come ad esempio la produzione di legno in sovrappiù, come reazione dell’albero a un sovraccarico. Se i risultati di questo controllo visivo non sono sufficienti o sono poco convincenti, si va avanti con le analisi successive;
analisi penetrometriche ed altre analisi con strumentazione specifica per valutare il legno e capirne i difetti o le diverse densità indotte da un possibile cedimento;
valutazione finale: i dati raccolti con le analisi precedenti vengono analizzati insieme ai dati del vento e di altri parametri ambientali del luogo dove cresce l’albero, attraverso modelli matematici che derivano dall’ingegneria strutturale, come il SIA (Static Integrated Assessment) o il SIM (Static Integrated Methods).
Una volta fatta la valutazione, il professionista rilascia una certificazione della propensione al rischio della pianta, vale a dire la probabilità che hanno la pianta o i suoi rami di cadere, e definisce gli interventi da mettere in atto per contrastare questo rischio. Ad esempio si può ricorrere, a seconda dei casi, ad una potatura di alleggerimento, ad un consolidamento con tiranti o, come rimedio estremo, anche all’eliminazione dell’albero o dei rami, se non ci sono proprio possibilità di recupero.
Con questa certificazione, firmata e datata dal professionista, il responsabile dell’albero (l’Amministrazione Comunale nel caso del verde pubblico, o un privato cittadino negli altri casi) si mette al riparo dalle responsabilità dell’art. 2051 del Codice Civile:
– art. 2051 Danno cagionato da cose in custodia
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
In caso di danni a terzi per caduta di un albero o di un ramo, il responsabile dell’albero può provare in sede legale che si è trattato di “caso fortuito” (cioè un evento non prevedibile, come un vento eccezionale che ha fatto ugualmente cadere l’albero nonostante le cure) grazie alla certificazione, che dimostra che il responsabile dell’albero ha fatto tutto il possibile affinché il bene custodito non cagionasse danni a terzi.
Questo articolo del Codice Civile contiene il concetto della prevenzione del danno, tramite interventi correttamente valutati ed eseguiti.
In un caso come quello dei pini di Murlo, come avreste agito?
Il problema principale è stata la mancanza di una valutazione corretta dello stato di stabilità e di salute dei pini, ancor più necessaria viste le numerose interferenze che i pini hanno subito negli ultimi anni per i numerosi lavori eseguiti sulla strada e sul parcheggio.
L’intervento di un professionista avrebbe permesso di pianificare gli interventi necessari a salvare entrambi i pini e a garantire nello stesso tempo la sicurezza, salvo che la situazione non fosse già troppo compromessa. Indizi del cedimento si vedevano già sul tronco del pino più grande, che presentava alla base un grosso rigonfiamento con il quale la pianta cercava di reagire da anni all’aumento della pendenza. Gli interventi possibili potevano essere un alleggerimento e una riforma della chioma, per controbilanciare il cedimento, ed un eventuale consolidamento con tiranti.
Il consolidamento con tiranti è ormai una tecnica molto usata, anche in edifici “sensibili” come scuole o altri edifici pubblici, e permette di ridurre al minimo il rischio di danni, correggendo qualsiasi condizione di rischio valutabile.
Quale può essere il costo di queste operazioni?
L’intervento di potatura e/o di consolidamento su un grande albero può venire a costare meno dell’abbattimento, del successivo smaltimento del materiale e dell’eventuale sostituzione dell’albero. In più dobbiamo considerare il valore storico, affettivo e paesaggistico dell’albero (per il valore paesaggistico esistono addirittura dei metodi di stima economica).
In alcuni Comuni, che non sono in grado di gestire il verde per motivi economici, gli alberi sono stati “adottati” dai cittadini, che pagano la manutenzione periodica fatta da professionisti.
Abbiamo visto quindi che prendersi cura di un albero non è cosa semplice ma richiede molta esperienza, conoscenza e metodi adeguati, se si vuole ottenere un risultato che sia efficace dal punto vista estetico, economico, della sicurezza e soprattutto della dignità dell’albero.
Queste nuove tecniche possono essere utilizzate per le potature ordinarie in ambiente urbano, in modo da evitare le inutili e dannose operazioni che purtroppo tutt’oggi ancora vediamo. Ci riferiamo alle drastiche capitozzature a cui sono stati sottoposti i tigli di via M. di Rigosecco a Vescovado di Murlo, ridotti un anno fa a “colonne” di legno, o alla forse eccessiva leggerezza con cui vengono talvolta tolti di mezzo alberi che hanno impiegato decenni (se non secoli) a crescere e che ormai facevano parte del patrimonio del paese (come i cipressi di via del Leccino, tolti per rifare il muro di contenimento stradale), senza che prima si sia cercato la scelta più giusta, magari affidandosi a consulenti esperti, per valutare almeno le possibili alternative.
Per chi volesse approfondire l’argomento:
ISA – International Society of Arboriculture: www.isa-arbor.com
SIA – Società Italiana di Arboricoltura www.isaitalia.org
Per maggiori informazioni e per consulenze ed interventi :
L’ARBONAUTA