Nell’articolo precedente abbiamo individuato come si colloca nel mondo dell’arboricoltura l’arborista ed abbiamo detto a grandi linee chi è. Lungi da me è affrontare l’argomento in modo da tracciare i profili psicologici degli arboristi, ne vi tedierò parlando delle tecniche che ogni singolo “scalatore di alberi” usa, o con questioni tecniche su corde o attrezzi. Piuttosto, vi voglio parlare dei diversi tipi di approccio che i vari climbers hanno in questa foresta di alberi sparsi sulla quale lavorano e vivono.
Nessuno di loro è secondo all’altro per l’approccio che ha, anzi, proprio grazie al proprio temperamento ne arricchisce il panorama ma una cosa è sicura, chiunque vi dirà che il suo lavoro è quello di fare l’arborista o il treeclimber, state pur certi che va fiero di quello che fa e che quelle parole gli sgorgano dal cuore, ve lo dirà con il piacere di mostrarvi il suo posto in questo mondo.
Ora molti di loro, sono dipendenti di aziende più o meno grandi, mentre altri sono lavoratori autonomi. Ogni mattina si recano alla sede dove sono i camion e le altre macchine, ricevono le consegne della giornata o si accordano con i colleghi sugli impegni da svolgere, controllano i mezzi e caricano tutto l’occorrente al loro interno e poi partono. Viaggiano mentre sorseggiano la loro tazza di caffè verso qualche grande quercia nel New Jersey, un bosco di aceri nell’Ontario, un frassino nei pressi di Stoccolma o un vecchio kauri in Nuova Zelanda, e così inizia un’altra nuova giornata intrisa della fragranza delle foglie e del muschio che cresce sulle cortecce, arriveranno a sera e come al solito dovranno sbattere via la segatura dai pantaloni e a volte anche dalla faccia prima di risalire sul mezzo che li riporta a casa.
Molti sono approdati a questa professione grazie alla loro propensione di peregrinare in verticale e sopratutto perché si ha bisogno di un contatto diretto e continuo con ciò con cui lavoriamo e non per caso sono gli alberi.
Io personalmente sento il bisogno di salire in alto e se non lo faccio mi sento mancare di una dimensione.
Lo so il lavoro manuale è visto come una realtà di serie b nel nostro contesto sociale ma pazienza io nel mio intimo so che ogni volta che un arborista sale su un albero non troverà mai una situazione uguale alla precedente, che ogni istante la mente deve essere connessa e che si devono continuamente trovare soluzioni intuendo o calcolando, carichi, leve e accelerazioni che la forza di gravità innescherà al termine di un taglio. Quindi la componente cognitiva è strettamente intrecciata con le capacità coordinative e quelle condizionali, la differenza la farà infine quella intellettuale, perché saper comunicare alla committenza come e perché si interviene su un albero sarà quello che ci qualifica di più.
Nei seguenti paragrafi cercherò di darvi un idea semiseria di chi popola questo microuniverso. Dunque partirei dalla prima sfera alla quale appartengono coloro che hanno un approccio molto simile a quello degli “artisti”, enfatizzano ciò con un abbigliamento e capigliature decisamente fuori dall’ordinario e se vi capiterà di visitare un raduno di treeclimbers vi renderete conto di quanto sia vero ciò che vi sto dicendo, loro sono i climbers che sussurrano agli alberi, ascoltano la vibrazione delle gemme e solo dopo una meditata concentrazione estraggono il loro affilato segaccio per eseguire tagli che riportano l’equilibrio universale nella chioma. In fondo quanto sopra descritto è il sintomo di un ambiente informale in cui ognuno si mostra e si esprime per ciò che è.
Poi ci sono i treenerds, sono i maniaci dell’alta visibilità e sfoggiano con decisione le loro tute rosse e gialle, state pur certi che li troverete a parlare della certificazione dell’ultimo DPI uscito e se quell’attrezzo è compatibile dal punto di vista normativo con il lavoro sugli alberi, perché sai cosa succede se arriva la ASL? …. hanno per questo un trolley nel quale portano svariati kg di documenti sulla sicurezza e vari cataloghi di attrezzature per lavorare sugli alberi, in genere preferiscono usare una corda in più, ma anche due, perché non si sa mai.
All’estremo opposto ci sono i cow boy, loro amano principalmente parlare delle motoseghe e come i pescatori sfoggiano il loro machismo “non latente” nelle loro storie in cui raccontano di pezzi enormi tagliati durante epici abbattimenti.
Comunque tutti loro hanno storie avvincenti da raccontarvi, generalmente viaggiano molto per raggiungere i loro lavori sui cruscotti delle loro auto hanno pezzi di legno dalle forme più bizzarre e nessuno di loro si stacca mai dallo spirito del loro mestiere, un mestiere in cui le fibre del legno, le fibre delle corde e quelle dei muscoli sono fuse virtualmente in una sola “essenza”, quella degli Arboristi.
Grande articolo, Riccardo, non potevi descrivere meglio gli spiriti che si arrampicano sugli alberi.
Un abbraccio
bravo Riccardo
Bellissimo scritto, io sono agli esordi come professionista in questo ma direi che tra tutte anche la mia è una “necessità di verticalizzare” o alla sera non si è stanchi ma stufi.