Stagioni

Un passo avanti all’altro con un sacco di iuta pieno di pine, o se volete che mi esprima in termini più tecnici di strobili di Pinus pinea, arranco nel campo arato per raggiungere la vecchia auto di mio padre per depositare il tutto nel bagagliaio e finire la giornata, è così che ho cominciato. Giravo per le campagne e quando vedevo dei poderi circondati da pini chiedevo al proprietario se potevo raccoglierle in cambio di una leggera potatura. Salivo inventandomi sistemi rudimentali che con il tempo ho perfezionato. Generalmente ero solo, quando avevo fame mi fermavo a mangiare sotto un albero, quando avevo raccolto almeno un paio di quintali smettevo e andavo a venderle, è così che è iniziata la mia avventura tra le chiome.

Gli alberi mi piacevano, lavorarci mi dava un senso di rapporto diretto tra risorsa e lavoro, anzi senza mezzi termini all’epoca cambiavano radicalmente il mio modo di approcciarmi al lavoro restituendogli quell’accezione primordiale di attingere ad una materia prima per monetizzarla e quindi trasformarla in ciò che più mi aggradava.
Nell’epoca del lavoro precario con poche opportunità di scelta snobbavo decisamente l’ipotesi di fare colloqui di lavoro per strappare contratti ridicoli o da salariato agricolo o da impiegato sottopagato, alle garanzie di qualsiasi associazione sindacale ho preferito decisamente puntare su quello che poteva reggere la mia schiena e a quello che poteva inventarsi il mio cervello, così ovviamente mi sono segnato il mio destino e mentre Jack London, nella sua gioventù, passò dalla venerazione della libera impresa alla piena adesione alla lotta proletaria, abbracciando l’ideologia socialista, io nella mia epoca ne vedevo il declino e la completa disgregazione, vedevo una generazione intorno a me che si vergognava di appartenere alla classe lavoratrice, vedevo giovani che si adagiavano sui banchi universitari spesso senza motivazione ma fermamente convinti dalle parole dei loro genitori che grazie a quella laurea avrebbero riscattato le passate generazioni. Io personalmente fuggii dall’università, non ero motivato, per me era un sacrificio, ero troppo impegnato a vivere per rinchiudermi in un’aula. Lo studio e la ricerca sono ciò che di più nobile ci sia ma io anelavo ad una forma di studio e di ricerca che includesse da subito l’esperienza diretta.
Comunque sia, in questi anni di studi disordinati, di viaggi, di giornate sotto il sole al vento o nella pioggia sono prima cresciuto ed ora la mia barba si sta tingendo di bianco e ho visto il mondo scorrere sotto la chioma degli alberi. Sono salito e ho condiviso il tempo ed un panino con chi ora è andato avanti ed ogni giorno mi alzo dal letto con cautela cercando di sopravvivere ai primi cinque minuti di dolori, poi mi guardo allo specchio e cerco di scorgere quello sguardo che mi ricorda chi sono e perché anche oggi risalirò sull’ennesimo albero e vi garantisco che non sempre è così romantico come molti di voi credono. Quando la gente mi guarda e mi dice “certo che tu sei proprio fortunato, fai un lavoro così bello in equilibrio sui rami tra le chiome degli alberi”, alcune volte vi giuro mi trattengo dal mandarli a farsi fottere, però è certo almeno per ora non smetterei di fare questo lavoro ma sapete perché? Non perché io parlo con gli alberi come molti credono, non perché ascolto il vento tra i rami ma semplicemente perché quando sono lassù la fatica è una fatica autentica, il pericolo è un pericolo autentico ed entrambi questi due compagni di lavoro sono sinceri, lo sai che sono due maledetti bastardi ma almeno si mostrano per quello che sono, non ti parlano alle spalle, lo sai che entrambi potrebbero spezzarti in qualsiasi istante ed è per questo che sono i migliori maestri che ho avuto in vita mia e detto fra noi sono anche i più fidati, ovviamente il fatto che tutto si svolga fra i grandi rami degli alberi non è secondario. La mia vita è legata alla terra ai paesaggi che ho filtrato con il mio respiro ed alla segatura che ho masticato, oggi mi ritrovo ad aver scalato alberi nei posti più disparati del mondo ed ho insegnato ad arrampicare alberi a tanti, tanti nuovi treeclimbers. Mi ritrovo immerso in un mondo del quale non vedo nemmeno più i confini perchè sono io che gli appartengo e non il contrario. Però a primavera quando l’aria è tiepida e il sole è basso sull’orizzonte mentre infilo la corda nel sacco spesso mi fermo a guardare intorno e forse riesco anche a sentire gli alberi cantare nel vento.

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